Cetraro

La denominazione Cetraro pare che derivi dalla coltivazione del cedro, che un tempo abbondava nel territorio, così come in tutta l'area della Riviera dei Cedri, ma non tutti concordano con questa ipotesi. Un'altra teoria, riconduce l'origine del nome al fiume Aron, Citra-Aron, al di qua dell'Aron, definizione latina che si discosta di poco dall'idiona dialettale, Citràru. L. Giustiniani asserisce che in passato si chiamava Lampetia e successivamente mutò il nome in Cetraro. Le Origini di Cetraro Greche e Brettie
Le sue origini sono molto antiche, e non del tutto ben definite.
Secondo alcuni studi pare che il primo nucleo abitativo del luogo sia stato fondato dal popolo dei Brettii; secondo altri, è stata l'antica città magnogreca di Lampetia, Λαμπετεια ("Lampeteia") in greco antico, di cui ancora oggi mantiene il nome una delle contrade costiere, colonia fondata forse da Kroton, anche se di quest'ultima città, non è stata rinvenuta alcuna traccia.
Alcuni studiosi indicavano la città di Lampetia proprio nell'attuale Cetraro, che in epoca successiva mutò denominazione nell'attuale Cetraro, anche se non indicano quando sia accaduto.

Altre informazioni

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Storia

Identificata da alcuni con l’antica Lampetia, probabilmente fu la prima località marittima dei bruzi. Il toponimo, attestato nel 1200 come Cetrarium e Citrario, deriva dal latino CITRUS, ‘cedro’, attraverso un CITRARIUM, ‘piantagione di cedri’, riferito alla coltivazione del cedro praticata nella zona. Sul finire del secolo XI, Sichelgaita, seconda moglie di Roberto il Guiscardo, la donò ai monaci di Montecassino, che vi esercitarono a lungo la giurisdizione sia civile che religiosa. In questo periodo vi fu costruito un porto, con annesso cantiere navale. Nella prima metà del 1500, fu assalita dal corsaro Khair-ad-Din Barbarossa, il quale, distruggendo vari galeoni, che erano in costruzione nell’arsenale, pose fine alla secolare tradizione marinara della cittadina. Gravi furono i danni causati dal terremoto della prima metà del 1600. Col nuovo ordinamento amministrativo disposto dai francesi, a principio del XIX secolo, fu dapprima elevata a sede di un governo, comprendente le università di Guardia Piemontese, Sant’Angelo, Intavolata e Bonifati, e poi inclusa nella giurisdizione di Paola. I Borboni ne fecero il capoluogo di un circondario. La storia post-unitaria si confonde con quella del resto della regione. Colpita anche dal sisma dell’inizio del 1900, fu inclusa nell’elenco degli abitati da consolidare a totale carico dello stato. Tra i monumenti figurano: la parrocchiale di S. Benedetto, di epoca rinascimentale; la chiesa del Ritiro, ex oratorio conventuale, con resti del chiostro cinquecentesco; la chiesa dei cappuccini, del XVI secolo, contenente tele, intagli e un ciborio in legno, del 1600-1700; il santuario di S. Francesco di Paola, costruito in posizione panoramica, e la chiesetta di Santa Maria delle Serre, sul Cozzo della Serra.
Cittadina rivierasca, ubicata in montagna e di antiche origini, la cui economia si basa su attività agricole, industriali e terziarie, oltre che sul turismo. I cetraresi, con un indice di vecchiaia inferiore alla media, risiedono soprattutto nel capoluogo comunale e nella località Cetraro Marina; tra gli altri aggregati urbani i più popolosi sono: Ceramile, San Filippo-Battendieri, Sant’Angelo, Angilla, Bosco-Arvara, Caparrua, Dattilo, Gallufo, Malvitani, Manche, Motta, Orecchiuto, Ricoso, San Francesco, San Giacomo, San Martino, San Pietro, Santa Lucia, Vigniddonici e Zampolo. Il territorio ha un profilo geometrico irregolare, con differenze di altitudine molto accentuate: si raggiungono i 1.118 metri di quota. L’abitato, situato su uno sperone roccioso, a dominio della costa, mostra segni di espansione edilizia; il suo andamento plano-altimetrico è vario.
Situata nella parte centro-occidentale della provincia, sulla costa tirrenica, a nord del bacino di Paola, confina con Acquappesa, Guardia Piemontese, l’isola amministrativa Pistuolo E Spaliota (appartenente ad Acquappesa), Fagnano Castello, Malvito, Sant’Agata di Esaro e Bonifati. A 2 km dalla strada statale n. 18 Tirrena Inferiore, è raggiungibile anche con l’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, tramite i caselli di Spezzano Terme e Cosenza Nord, distanti rispettivamente 41 e 47 km. La linea ferroviaria Taranto-Reggio di Calabria ha uno scalo sul posto, a 2 km. L’aeroporto si trova a 80 km; quello di Napoli/Capodichino è a 266 km. Il porto dista 113 km; quello di Taranto 198. Inserita in circuiti commerciali e nella Comunità montana “Appennino paolano”, fa capo prevalentemente a Paola per i servizi e le strutture burocratico-amministrative non presenti sul posto.

Arte e Cultura

E' opinione comune che il nucleo primigenio di Cetraro, il quartiere inferiore della Marinarìa, sia sorto e si sia sviluppato tra l'800 e il 1000. A quel tempo, Cetraro "faceva parte certamente del principato longobardo di Salerno, il cui dominio, sebbene insediato da scorrerie saracene, si estendeva sino ad Amantea", e ricadeva nella giurisdizione spirituale dell'antica diocesi di Malvito, soggetta dal 983 alla metropolì a salernitana (De Leo). E' pensabile che, in tale lasso di tempo, il nuovo borgo provvide a darsi un ministero sacerdotale ed una chiesa, tanto più che s'appressava "l'anno del dies irae: il 1000"; sicché, si sarebbe dato mano all'erezione "d'una cappelluccia, sia pur miserrima", intitolata presumibilmente "al Salvatore, agli apostoli, ai protomartiri o alla Vergine", com'era allora in uso (Aita). Con l'avvento dei Normanni, Cetraro fu conquistata da Roberto il Guiscardo, "nel decennio che porta al 1058", ed in tale anno, in occasione delle nozze del Guiscardo con Sikelgaita, essa fu offerta in dote alla duchessa (De Leo). Il Guiscardo, che aveva eletto a centro delle sue operazioni la Val di Crati, volle istituire a S. Marco, intorno al 1080, una nuova sede vescovile, retta dal presule normanno Godoino; e siccome allora "il culto di S. Nicola divampava in tutta Italia in maniera sorprendente", dedicò la nuova cattedrale di S. Marco al Santo Vescovo di Mira (Russo). Dev'essere stato proprio allora, che alla 'cappelluccia' fu data una prima sistemazione e fu imposto il titolo di S. Nicola, rimasto poi per sempre estraneo alla pietà dei fedeli; altrimenti "non si spiegherebbe come la sua festa è pressoché ignorata, mentre è sempre vivo il culto per altri santi anche allogati in piccole cappelle di campagna" (Aita). La nuova chiesa doveva constare della sola navata principale, e conservare il medesimo orientamento della preesistente, a levante, proprio delle chiese prenormanne. Dopo l'erezione dell'adiacente Palazzo del Vicario, avvenuta nel 1091, si dovette pensare a saturare lo spazio rimasto libero tra i due corpi di fabbrica, dando luogo all'ampliamento, che generò la navata minore. Il primo dato documentale, pertinente la Chiesa di S. Nicola, risale comunque solo al 9 novembre 1323, in cui il priore di Cetraro e Fella, Fra Benedetto Tetano "conferisce, a nome del Monastero di Montecassino, a Nicola diGiordano de Mattia la Chiesa di S. Nicola nella terra di Cetraro, vacante per la morte dell'arciprete Ruggero Bonnario" (Engels). Si sa, ancora, che in quegli stessi anni la Chiesa di S. Nicola svolgeva mansioni di "parrocchia collegiata", ove "un arciprete attendeva al ministero pastorale a capo di un capitolo" (De Leo) ; e come tale fu ancora registrata, nel 1604, dal Regesto Vaticano, che ci lascia i nominativi di alcuni suoi arcipreti del '600 (Luca Tricarico, Grazio de Agliatis, Decio de Abramonte, Troiano Ranieri). La chiesa attuale è ovviamente il risultato di ripetuti adattamenti che hanno, in buona parte, cancellato le sue forme originarie: ancora all'inizio del secolo, i sacerdoti Raffaele Aita e Ilario De Carlo ponevano mano a lavori di restauro. Recentemente, dopo un periodo di totale chiusura al culto, grazie all'interessamento dei fedeli si è potuto procedere ad un complessivo intervento di restauro. Esterno. La facciata, assai dimessa, si compone di un corpo principale, sormontato da timpano triangolare, e di un corpo laterale, più basso, che lega l'edificio al Palazzo del Vicario. L'arco che porta la cella campanaria fa pensare ad un residuo elemento di sostegno, tra la chiesa ed il palazzo badiale; mentre i due pinnacoli laterali ed il globo portacroce del timpano, li si rinviene, pressoché simili, nella facciata della Cappella di S. Giuseppe. E' da notare che il portale in tufo, sistemato sull'ingresso, giaceva scomposto nei vani di Palazzo Del Trono, ed è stato opportunamente acconciato. Sul fianco della chiesa, si mostra una serie di contrafforti murari, che potrebbe far pensare ad un primitivo accesso laterale, tipico dell'architettura basiliana; come pure tipico dei modi basiliani, sembra essere, sul retro, l'abside semicircolare, troncata a metà dal suolo. L'irregolarità della copertura, infine, ed i resti di muri di fabbrica sul fronteggiante palazzo badiale, lasciano presupporre una diversa conformazione del piano alto dello edificio ecclesiale, persasi nel tempo; tante, che, in un atto del 7 ottobre 1782 , si fa menzione di una "camera, che segue alla cucina del quarto superiore del Badial Palazzo, da dove si và al coretto". Interno. La navata principale, di là dalla cantorìa, si articola in 2 campate voltate a botte, ornate di stucchi dorati; nelle vele delle finestre, sono raffigurati 4 angeli (del conforto, adoratore, delle grazie, della preghiera). Il vano absidale è impreziosito da un lavoro a stucco, piacevole per la sua impronta naif: in un ovulo, sull'altare, si vede un Cristo Pantocrator, affrontato da 2 angeli che reggono un festone - in una mano e, nell'altra, rispettivamente una corona e una palma; più in alto, spicca, in un tondo d'azzurro pastello, una colomba d'oro, simbolo dello Spirito Santo, cinta da 4 angeli bianchi dalle labbra rosse; il tondo è guarnito sul bordo d'un tralcio di grappoli d'uva dagli acini d'oro: tutto l'insieme ha un fresco effetto di tenui colori. La navata minore, voltata a padiglione, ha un'absidìola ed una serie di nicchie, che ospitavano statue processionali; un uscio immette in un vano laterale molto ampio, destinato a sagrestia, che faceva parte dei locali terranei del palazzo badiale. Il pavimento della chiesa, in rosa del Garda, e la scala che porta alla cantorìa, sono di nuovo impianto. In un angolo della cantorìa, si intravede un vano di passaggio verso il campanile esterno, testimone dell'antico passaggio diretto, tra la chiesa ed il piano nobile del palazzo badiale. Tutti i lavori di indoratura e pitturazione interna sono stati eseguiti dall'artigiano polacco Kazimierz Kubikia, di Cracovia, e dal suo allievo Antonio Allevato, di Fuscaldo: entrambi avevano di già collaborato ai lavori di restauro interno della Chiesa del Ritiro in Cetraro. All'interno è conservata la statua della Madonna del Carmine venerata in questa chiesa da oltre 200 anni. Aneddotica. Se le mura della Chiesa di S. Nicola hanno accolto, per un millennio, i fedeli, il suo sagrato è stato, per secoli, partecipe delle ansie e delle lotte di un popolo che dinanzi ad esso soleva tenere le pubbliche adunanze. Fra i tanti episodi, merita ricordarne uno che risale al 20 marzo 1364. Da un quindicennio, Cetraro era "lacerata da discordie interne, alla mercé di uomini prepotenti e perversi. L'autorità abbaziale era eclissata, i redditi ed i prodotti spettanti al Monastero andavano in rovina".Il priore di Cetraro chiamò in soccorso Filippo Sangineto, conte di Altomonte: ma questi "non riuscì a riportare la calma a Cetraro e a ridurre i tiranni all'obbedienza", Allora "la comunità di Cetraro e cioè gli uomini più ragguardevoli e assennati "si riunirono tutti nel luogo consueto, il sagrato, e nominarono degli ambasciatori, fra cui l'arciprete Ruggero Settequerce, perché, a costo delle loro vite, protestassero la violazione dei loro diritti all'autorità ecclesiastica. Quel giorno "anche se il popolo non impugnò le armi, segnò ugualmente una pagina gloriosa per la storia di Cetraro. Il popolo condannò la tirannia e dimostrò di apprezzare la libertà e la giustizia, cioè i valori supremi della vita" (Iozzi).

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