Cetraro

La denominazione Cetraro pare che derivi dalla coltivazione del cedro, che un tempo abbondava nel territorio, così come in tutta l'area della Riviera dei Cedri, ma non tutti concordano con questa ipotesi. Un'altra teoria, riconduce l'origine del nome al fiume Aron, Citra-Aron, al di qua dell'Aron, definizione latina che si discosta di poco dall'idiona dialettale, Citràru. L. Giustiniani asserisce che in passato si chiamava Lampetia e successivamente mutò il nome in Cetraro. Le Origini di Cetraro Greche e Brettie
Le sue origini sono molto antiche, e non del tutto ben definite.
Secondo alcuni studi pare che il primo nucleo abitativo del luogo sia stato fondato dal popolo dei Brettii; secondo altri, è stata l'antica città magnogreca di Lampetia, Λαμπετεια ("Lampeteia") in greco antico, di cui ancora oggi mantiene il nome una delle contrade costiere, colonia fondata forse da Kroton, anche se di quest'ultima città, non è stata rinvenuta alcuna traccia.
Alcuni studiosi indicavano la città di Lampetia proprio nell'attuale Cetraro, che in epoca successiva mutò denominazione nell'attuale Cetraro, anche se non indicano quando sia accaduto.

Origine del Nome Cetraro

La denominazione Cetraro pare che derivi dalla coltivazione del cedro, che un tempo abbondava nel territorio, così come in tutta l'area della Riviera dei Cedri, ma non tutti concordano con questa ipotesi. Un'altra teoria, riconduce l'origine del nome al fiume Aron, Citra-Aron, al di qua dell'Aron, definizione latina che si discosta di poco dall'idiona dialettale, Citràru. L. Giustiniani asserisce che in passato si chiamava Lampetia e successivamente mutò il nome in Cetraro.
Storia di Cetraro
Le Origini di Cetraro Greche e Brettie
Le sue origini sono molto antiche, e non del tutto ben definite.
Secondo alcuni studi pare che il primo nucleo abitativo del luogo sia stato fondato dal popolo dei Brettii; secondo altri, è stata l'antica città magnogreca di Lampetia, Λαμπετεια ("Lampeteia") in greco antico, di cui ancora oggi mantiene il nome una delle contrade costiere, colonia fondata forse da Kroton, anche se di quest'ultima città, non è stata rinvenuta alcuna traccia. Alcuni studiosi indicavano la città di Lampetia proprio nell'attuale Cetraro, che in epoca successiva mutò denominazione nell'attuale Cetraro, anche se non indicano quando sia accaduto.

Storia

Identificata da alcuni con l’antica Lampetia, probabilmente fu la prima località marittima dei bruzi. Il toponimo, attestato nel 1200 come Cetrarium e Citrario, deriva dal latino CITRUS, ‘cedro’, attraverso un CITRARIUM, ‘piantagione di cedri’, riferito alla coltivazione del cedro praticata nella zona. Sul finire del secolo XI, Sichelgaita, seconda moglie di Roberto il Guiscardo, la donò ai monaci di Montecassino, che vi esercitarono a lungo la giurisdizione sia civile che religiosa. In questo periodo vi fu costruito un porto, con annesso cantiere navale. Nella prima metà del 1500, fu assalita dal corsaro Khair-ad-Din Barbarossa, il quale, distruggendo vari galeoni, che erano in costruzione nell’arsenale, pose fine alla secolare tradizione marinara della cittadina. Gravi furono i danni causati dal terremoto della prima metà del 1600. Col nuovo ordinamento amministrativo disposto dai francesi, a principio del XIX secolo, fu dapprima elevata a sede di un governo, comprendente le università di Guardia Piemontese, Sant’Angelo, Intavolata e Bonifati, e poi inclusa nella giurisdizione di Paola. I Borboni ne fecero il capoluogo di un circondario. La storia post-unitaria si confonde con quella del resto della regione. Colpita anche dal sisma dell’inizio del 1900, fu inclusa nell’elenco degli abitati da consolidare a totale carico dello stato. Tra i monumenti figurano: la parrocchiale di S. Benedetto, di epoca rinascimentale; la chiesa del Ritiro, ex oratorio conventuale, con resti del chiostro cinquecentesco; la chiesa dei cappuccini, del XVI secolo, contenente tele, intagli e un ciborio in legno, del 1600-1700; il santuario di S. Francesco di Paola, costruito in posizione panoramica, e la chiesetta di Santa Maria delle Serre, sul Cozzo della Serra.
Cittadina rivierasca, ubicata in montagna e di antiche origini, la cui economia si basa su attività agricole, industriali e terziarie, oltre che sul turismo. I cetraresi, con un indice di vecchiaia inferiore alla media, risiedono soprattutto nel capoluogo comunale e nella località Cetraro Marina; tra gli altri aggregati urbani i più popolosi sono: Ceramile, San Filippo-Battendieri, Sant’Angelo, Angilla, Bosco-Arvara, Caparrua, Dattilo, Gallufo, Malvitani, Manche, Motta, Orecchiuto, Ricoso, San Francesco, San Giacomo, San Martino, San Pietro, Santa Lucia, Vigniddonici e Zampolo. Il territorio ha un profilo geometrico irregolare, con differenze di altitudine molto accentuate: si raggiungono i 1.118 metri di quota. L’abitato, situato su uno sperone roccioso, a dominio della costa, mostra segni di espansione edilizia; il suo andamento plano-altimetrico è vario.
Situata nella parte centro-occidentale della provincia, sulla costa tirrenica, a nord del bacino di Paola, confina con Acquappesa, Guardia Piemontese, l’isola amministrativa Pistuolo E Spaliota (appartenente ad Acquappesa), Fagnano Castello, Malvito, Sant’Agata di Esaro e Bonifati. A 2 km dalla strada statale n. 18 Tirrena Inferiore, è raggiungibile anche con l’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, tramite i caselli di Spezzano Terme e Cosenza Nord, distanti rispettivamente 41 e 47 km. La linea ferroviaria Taranto-Reggio di Calabria ha uno scalo sul posto, a 2 km. L’aeroporto si trova a 80 km; quello di Napoli/Capodichino è a 266 km. Il porto dista 113 km; quello di Taranto 198. Inserita in circuiti commerciali e nella Comunità montana “Appennino paolano”, fa capo prevalentemente a Paola per i servizi e le strutture burocratico-amministrative non presenti sul posto.

I Benedettini di Montecassino

Con l'arrivo nel sud Italia dei Normanni, la città fu donata dalla duchessa Sichelgaita, seconda moglie di Roberto il Guiscardo, all'abate Desiderio IV Epifanio di Montecassino, per ingraziarlo dei buoni uffici prestati da quest'ultimo nella città di Melfi, luogo in cui i Normanni si riconciliarono con Papa Leone IX. Così per 726 anni, dal 1086 al 1810, Cetraro fu retta in priora, dai Benedettini di Montecassino. Nell'agosto del 1545 la flotta turca di Solimano il Magnifico ne distrusse il cantiere navale, tra cui sette galeoni; il cantiere navale regio era molto fiorente all'epoca, e vi si costruivano anche grandi barche e galee. Re Riccardo Cuor di Leone Il 18 settembre del 1190 soggiornò a Cetraro il re inglese Riccardo I, detto Cuor di Leone, in viaggio verso Messina, per unirsi al re di Francia Filippo Augusto, in partenza per la terza crociata.








Arte e Cultura

Chiesa di San Benedetto

E' opinione comune che il nucleo primigenio di Cetraro, il quartiere inferiore della Marinarìa, sia sorto e si sia sviluppato tra l'800 e il 1000. A quel tempo, Cetraro "faceva parte certamente del principato longobardo di Salerno, il cui dominio, sebbene insediato da scorrerie saracene, si estendeva sino ad Amantea", e ricadeva nella giurisdizione spirituale dell'antica diocesi di Malvito, soggetta dal 983 alla metropolì a salernitana (De Leo). E' pensabile che, in tale lasso di tempo, il nuovo borgo provvide a darsi un ministero sacerdotale ed una chiesa, tanto più che s'appressava "l'anno del dies irae: il 1000"; sicché, si sarebbe dato mano all'erezione "d'una cappelluccia, sia pur miserrima", intitolata presumibilmente "al Salvatore, agli apostoli, ai protomartiri o alla Vergine", com'era allora in uso (Aita). Con l'avvento dei Normanni, Cetraro fu conquistata da Roberto il Guiscardo, "nel decennio che porta al 1058", ed in tale anno, in occasione delle nozze del Guiscardo con Sikelgaita, essa fu offerta in dote alla duchessa (De Leo). Il Guiscardo, che aveva eletto a centro delle sue operazioni la Val di Crati, volle istituire a S. Marco, intorno al 1080, una nuova sede vescovile, retta dal presule normanno Godoino; e siccome allora "il culto di S. Nicola divampava in tutta Italia in maniera sorprendente", dedicò la nuova cattedrale di S. Marco al Santo Vescovo di Mira (Russo). Dev'essere stato proprio allora, che alla 'cappelluccia' fu data una prima sistemazione e fu imposto il titolo di S. Nicola, rimasto poi per sempre estraneo alla pietà dei fedeli; altrimenti "non si spiegherebbe come la sua festa è pressoché ignorata, mentre è sempre vivo il culto per altri santi anche allogati in piccole cappelle di campagna" (Aita). La nuova chiesa doveva constare della sola navata principale, e conservare il medesimo orientamento della preesistente, a levante, proprio delle chiese prenormanne. Dopo l'erezione dell'adiacente Palazzo del Vicario, avvenuta nel 1091, si dovette pensare a saturare lo spazio rimasto libero tra i due corpi di fabbrica, dando luogo all'ampliamento, che generò la navata minore. Il primo dato documentale, pertinente la Chiesa di S. Nicola, risale comunque solo al 9 novembre 1323, in cui il priore di Cetraro e Fella, Fra Benedetto Tetano "conferisce, a nome del Monastero di Montecassino, a Nicola diGiordano de Mattia la Chiesa di S. Nicola nella terra di Cetraro, vacante per la morte dell'arciprete Ruggero Bonnario" (Engels). Si sa, ancora, che in quegli stessi anni la Chiesa di S. Nicola svolgeva mansioni di "parrocchia collegiata", ove "un arciprete attendeva al ministero pastorale a capo di un capitolo" (De Leo) ; e come tale fu ancora registrata, nel 1604, dal Regesto Vaticano, che ci lascia i nominativi di alcuni suoi arcipreti del '600 (Luca Tricarico, Grazio de Agliatis, Decio de Abramonte, Troiano Ranieri). La chiesa attuale è ovviamente il risultato di ripetuti adattamenti che hanno, in buona parte, cancellato le sue forme originarie: ancora all'inizio del secolo, i sacerdoti Raffaele Aita e Ilario De Carlo ponevano mano a lavori di restauro. Recentemente, dopo un periodo di totale chiusura al culto, grazie all'interessamento dei fedeli si è potuto procedere ad un complessivo intervento di restauro. Esterno. La facciata, assai dimessa, si compone di un corpo principale, sormontato da timpano triangolare, e di un corpo laterale, più basso, che lega l'edificio al Palazzo del Vicario. L'arco che porta la cella campanaria fa pensare ad un residuo elemento di sostegno, tra la chiesa ed il palazzo badiale; mentre i due pinnacoli laterali ed il globo portacroce del timpano, li si rinviene, pressoché simili, nella facciata della Cappella di S. Giuseppe. E' da notare che il portale in tufo, sistemato sull'ingresso, giaceva scomposto nei vani di Palazzo Del Trono, ed è stato opportunamente acconciato. Sul fianco della chiesa, si mostra una serie di contrafforti murari, che potrebbe far pensare ad un primitivo accesso laterale, tipico dell'architettura basiliana; come pure tipico dei modi basiliani, sembra essere, sul retro, l'abside semicircolare, troncata a metà dal suolo. L'irregolarità della copertura, infine, ed i resti di muri di fabbrica sul fronteggiante palazzo badiale, lasciano presupporre una diversa conformazione del piano alto dello edificio ecclesiale, persasi nel tempo; tante, che, in un atto del 7 ottobre 1782 , si fa menzione di una "camera, che segue alla cucina del quarto superiore del Badial Palazzo, da dove si và al coretto". Interno. La navata principale, di là dalla cantorìa, si articola in 2 campate voltate a botte, ornate di stucchi dorati; nelle vele delle finestre, sono raffigurati 4 angeli (del conforto, adoratore, delle grazie, della preghiera). Il vano absidale è impreziosito da un lavoro a stucco, piacevole per la sua impronta naif: in un ovulo, sull'altare, si vede un Cristo Pantocrator, affrontato da 2 angeli che reggono un festone - in una mano e, nell'altra, rispettivamente una corona e una palma; più in alto, spicca, in un tondo d'azzurro pastello, una colomba d'oro, simbolo dello Spirito Santo, cinta da 4 angeli bianchi dalle labbra rosse; il tondo è guarnito sul bordo d'un tralcio di grappoli d'uva dagli acini d'oro: tutto l'insieme ha un fresco effetto di tenui colori. La navata minore, voltata a padiglione, ha un'absidìola ed una serie di nicchie, che ospitavano statue processionali; un uscio immette in un vano laterale molto ampio, destinato a sagrestia, che faceva parte dei locali terranei del palazzo badiale. Il pavimento della chiesa, in rosa del Garda, e la scala che porta alla cantorìa, sono di nuovo impianto. In un angolo della cantorìa, si intravede un vano di passaggio verso il campanile esterno, testimone dell'antico passaggio diretto, tra la chiesa ed il piano nobile del palazzo badiale. Tutti i lavori di indoratura e pitturazione interna sono stati eseguiti dall'artigiano polacco Kazimierz Kubikia, di Cracovia, e dal suo allievo Antonio Allevato, di Fuscaldo: entrambi avevano di già collaborato ai lavori di restauro interno della Chiesa del Ritiro in Cetraro. All'interno è conservata la statua della Madonna del Carmine venerata in questa chiesa da oltre 200 anni. Aneddotica. Se le mura della Chiesa di S. Nicola hanno accolto, per un millennio, i fedeli, il suo sagrato è stato, per secoli, partecipe delle ansie e delle lotte di un popolo che dinanzi ad esso soleva tenere le pubbliche adunanze. Fra i tanti episodi, merita ricordarne uno che risale al 20 marzo 1364. Da un quindicennio, Cetraro era "lacerata da discordie interne, alla mercé di uomini prepotenti e perversi. L'autorità abbaziale era eclissata, i redditi ed i prodotti spettanti al Monastero andavano in rovina".Il priore di Cetraro chiamò in soccorso Filippo Sangineto, conte di Altomonte: ma questi "non riuscì a riportare la calma a Cetraro e a ridurre i tiranni all'obbedienza", Allora "la comunità di Cetraro e cioè gli uomini più ragguardevoli e assennati "si riunirono tutti nel luogo consueto, il sagrato, e nominarono degli ambasciatori, fra cui l'arciprete Ruggero Settequerce, perché, a costo delle loro vite, protestassero la violazione dei loro diritti all'autorità ecclesiastica. Quel giorno "anche se il popolo non impugnò le armi, segnò ugualmente una pagina gloriosa per la storia di Cetraro. Il popolo condannò la tirannia e dimostrò di apprezzare la libertà e la giustizia, cioè i valori supremi della vita" (Iozzi).

Chiese di Cetraro – Storia, arte, fede, pietà popolare nei «nostri» luoghi di culto. Carlo Andreoli – Fabio Angelica. Editoriale progetto 2000. 2007

Nel secondo decennio del '600, l'Università di Cetraro chiese più volte alla Provinciale dell'Ordine dei Cappuccini d'istituire un loro convento a Cetraro. E finalmente nel 1618 la richiesta fu accolta. In tale anno, infatti, frate Francesco da Paola, superiore della Provincia di San Daniele, fece instanza al vicario cassinese, don Benedetto Sanguino, per ottenere l'autorizzazione a fondare il convento. E questi il 28 agosto 1618 rilasciò il proprio assenso. Gli accordi intercorsi con l'Ordine monastico prevedevano che il suolo fosse comprato a spese dell'Università; e che gli oneri di fabbrica fossero ripartiti per due terzi, a carico dell'Università, e per un terzo, a carico di Giovanni Falcone, esponente d'una delle famiglie più in vista del paese. Stabilita quindi ogni cosa, con una processione solenne, cui concorse popolo e clero, ed alla presenza del vicario, don Bendetto Sanguino, e del sindaco di Cetraro, Giovanni Bernardino Abramante, si pose la prima pietra. Mentre a Giovanni Falcone venne conferito l'incarico di Procuratore della Fabbrica. I lavori del convento, eretto «secondo la povera forma cappuccina» procedettero a rilento. E soltanto del 1634 esso fu completato del tutto, potendo disporre della chiesa, intitolata a San Sebastiano, di 18 celle e di un orto e mancando ancora della cisterna per l'approvigionamento dell'acqua. La chiesa degli inizi era composta soltanto dall'aula e da un piccolo vano ottagonale posto a sinistra dell'ingresso. Intanto il convento prese ad assumere una certa importanza, divenne luogo di studio teologico e nel 1710 vi giunse come guardiano frate Angelo d'Acri, che in seguito sarà proclamato beato. E fu proprio frate Angelo che nel 1737 fece dono alla chiesa del gruppo statuario della Madonna Addolorata, per ospitare il quale fu costruita un'apposita cappella, successiva all'altra già esistente. Nel prosieguo intervennero altre migliorie: nel 1746 si pose il nuovo altare in legno che raccolse, nei suoi scomparti, il polittico secentesco; e, sullo scorcio del '700, si diede un assetto complessivo alla chiesa: integrando le due cappelle laterali con l'aula e disponendo un ciclo uniforme di decorazioni per tutti gli ambienti. Crebbe pure la vocazione parrocchiale della chiesa: tanto che, nel 1778, si formò una congregazione laicale che aveva sede nella cappella dell'Addolorata. Nel 1811, il convento fu soppresso con le leggi murattiane. Ripristinato nel 1818, ebbe vita circa fino al 1865, dopodichè fu sempre adibito ad altre mansioni, sotto la tutela della Congrega della Carità. La chiesa, intanto, continuò ad essere curata da un rettore, nominato dall'Arcipretura di San Benedetto: nel 1904, don Saverio Jannelli, che ricopriva tale incarico, lasciò alla chiesa un organo positivo. Nel 1921 fu anche proposto al Padre Generale dei Cappuccini, da parte del Presidente della Congrega di Carità Carmine De Caro, di tornare a Cetraro; ma essendo esiguo il numero dei frati nella provincia monastica di Cosenza, si declinò tale offerta. Sennonché, nel 1923, la chiesa fu elevata a parrocchia; prendendo il titolo di San Pietro Apostolo, già proprio della chiesa diruta del centro storico. E, da allora, svolse un intensa attività pastorale. Gli ultimi lavori interni, di restauro e completamento, risalgono al 1977, allorché il parroco, don Francesco Vivono, fece eseguire sulla volta dell'aula un piccolo ciclo d'affreschi ed ottene dalla Sopraintendenza di restaurare il polittico dell'altare maggiore ed il dipinto del Cenacolo; di recente, è stata infine riassettata la facciata.

Chiesa di San Nicola

Dopo la donazione di Cetraro all'Abbazia di Montecassino, occorsa nel 1086, i Cassinensi risolsero di stabilire la loro sede temporale nel Palazzo Badiale ('a curti') e la loro sede spirituale in una nuova chiesa, intitolata al Santo fondatore dell'Ordine, che prescelsero di costruire in un luogo poco discosto dall'abitato d'allora, "in summitate acclivi!". La Chiesa di S. Benedetto, di cui si fa menzione la prima volta in un documento del 1104, ebbe modo di consolidare nel tempo la sua peculiare funzione di casa spirituale cassinense, evolvendosi anzi ben presto in un 'priorato' con mansioni ed uffici cenobitici: "consta che nel cenobio di S. Benedetto di Cetraro, soggetto ai Cassinensi, vi fossero monaci, che giorno e notte adoravano Dio con le loro laudi" (E.Gattola). Una labile traccia dell'antico cenobio fu registrata da G. De Giacomo, nel 1929, allorché, riferendo di taluni lavori di restauro notò come "vennero fuori, dietro l'organo piccolo, un colonnato, forse del cortile, e un corridoio di comunicazione col refettorio". Dopo due secoli e mezzo di incontrastata officiatura monastica, nella seconda metà del sec. XIV, si profilarono aspri contrasti col clero secolare che culminarono nell'occupazione forzosa d'una cappella: "con una malvagità umana vieppiù operosa ed una cieca bramosìa che non cessa di istigare e, più di tutto, con uno scelleratissimo scisma che prende sempre più corpo, alcuni chierici secolari di detto castello...si sono introdotti in codesta cappella" (Gattola). Come riportato da L. Iozzi, la Curia Cassinense cercò, nel 1418, di dirimere del tutto la controversia insorta, affidandosi all'oculata dottrina del 'maestro di sentenze ' Jacopo Agnelli da Uri, ma, d'allora in poi, la Chiesa di S. Benedetto smise del tutto il suo status monastico per essere rivendicata, quasi, a quel magistero di chiesa parrocchiale che la porterà ad essere, di lì a poco, 'Mater et Caput dell'universale clero cetrarese'. E fu proprio per sopperire alle accresciute esigenze di culto che nel 1750, come riferito da A. De Giacomo, d. Lorenzo De Caro "fece eseguire il disegno dell'ampliamento della chiesa e dette mano al lavoro". Dopo un "lungo interregno" dovuto alla sua morte, i lavori furono ripresi, nel 1766, dal suo successore, d. Giuseppe Antonio Policicchio da Lago, il quale, nel giro di un anno, terminò l'ala in cornu Evangelii, inaugurando anche la Cappella del SS Sacramento, adibita provvisoriamente alle opere di culto. Nel 1775, furono completati del tutto i lavori dell'ala nuova e venne sistemata, sul portale maggiore, la statua in marmo di S. Benedetto. Il 28 ottobre 1779, infine, con un pontificale officiato dall'Abbate G. A. Testa, fu celebrato il definitivo completamento dell'intera fabbrica. Seguirono, quindi, lungo tutto il secolo XIX, una serie di lavori di completamento e decorazione interna, coronati, da ultimo, da un radicale intervento di restauro, operato dall'Arciprete d. Sebastiano Brusco, di concerto con la Soprintendenza ai Monumenti, protrattosi dal 1979 al 1984. Esterno L'aspetto esteriore della chiesa settecentesca ha subito delle mutazioni nel tempo che ne hanno alterato l'autentica essenza. La costruzione, a metà dell'800, dei palazzi gentilizi prospicienti il sagrato ha precluso l'originaria veduta d'assieme del prospetto frontale dell'edificio, consentendone solo una residuale veduta di scorcio; la definizione, intorno al 1890, della "traversa interna all'abitato della strada n° 110", operata dal Ministero dei Lavori Pubblici, ha comportato l'eliminazione della doppia scalea centrale che ascendeva verso il portale maggiore; l' ampliamento della sagrestia, intorno al 1850, e della canonica, nel secondo dopoguerra hanno di fatto occultato buona parte dell'abside e del piè di croce, che s'ergevano prima, in tutta la loro evidenza architettonica. Il prospetto attuale si vale, pertanto, del fronte principale - tripartito da un ordine di doppie lesène che s'innalza nel terzo medio per concludersi nel timpano triangolare - e di quel che emerge, nel panorama urbano, della lunga nave centrale, ancora ammirevole nella sua austera nudità muraria. La torre che incombe sui fianco, già attestata nel 1540 come 'lo campanaro di S. Benedetto' (Iozzi), è, con ogni evidenza, l'unica superstite delle torri urbiche che contrassegnavano, nel medioevo, il profilo concitato del castrum Citrarii' Interno L'interno è a croce latina, col transetto destro mancante della tribuna absidale. La navata centrale, soprelevata sulle altre, è coperta da volta a botte con duplice filare di finestre lunettate, culminante, dopo l'arco di trionfo, in un ampio catino che circoscrive il presbiterio; le due navi laterali hanno a una copertura a crociera ribassata su pianta quadrata. L'organizzazione dello spazio è demandata ad una serie di pilastri che definiscono cinque campate per parte, in fondo alle quali sono delle nicchie che ospitano arredi ed opere d'arte. L'apparecchio decorativo, elaborato tra la fine del 700 e la prima metà dell'800, dovizioso di cornici, stucchi e cartigli, ha un suo innegabile punto di forza nel palco di cantorìa, di singolare esuberanza plastica, fatto sistemare, a metà dell'800, dall'Arciprete don Giuseppe Lanza. Opere d'arte Percorrendo la navata sinistra si vedono due bei candelabri in legno, ottocenteschi, opera d'artieri regionali, lavorati a motivi floreali ed impreziositi da tre teste di cherubini; addossati alla parete sono, quindi, due antichi confessionali in legno, intarsiati con motivi di foglie e a girali. Nel vano seguente, in un'apposita cornice a stucco, è sistemata una tela ad olio raffigurante la Madonna con anime del Purgatorio, opera di Francesco Basile da Borgia (CZ), eseguita nel 1793. Altri lavori del Basile, in Calabria, sono tra l'altro registrati in Belmonte Calabro (Chiesa dell'Assunta) ed a Squillace (Arcivescovado). Subito dopo, è collocato il gruppo ligneo della Madonna del Rosario (sec.XIX). "La Vergine, con grossa corona in mano, veste una tunica rossa a fiori e manto azzurro stellato, raccolto in vita. Raffinata è l'esecuzione, curati, soprattutto, i particolari del viso della Vergine e del nudo del Bambino che mostrano delicatezza e armoniosità" (Catalogo Soprintendenza di Cosenza). Procedendo, si ha, a sinistra, la tribuna che accoglie la Cappella del SS Sacramento, e di fronte, una tela ad olio del sec. XVIII, raffigurante la Madonna del Rosario, S. Francesco di Paola ed Apostoli. Svoltando nel presbiterio, si può ammirare un bei coro in legno, a doppio ordine di sedili e con filettature in oro, fatto eseguire nel 1822 dall'Arciprete d. Vito Occhiuzzi ed una coppia di dipinti sulle pareti, d'un singolare tono freddo e ieratico, raffiguranti l'Adorazione dei Magi e la Presentazione al tempio. Accedendo, quindi, alla navata destra, si nota l'interessante altare barocco della Madonna Addolorata - tema ripreso anche da un ingenuo affresco nella voltina - ed un dipinto ad olio del sec. XIX raffigurante la Comunione degli Apostoli. Nella volta della navata centrale, campeggia il vasto affresco del Giudizio Universale contornato, negli spicchi, dalla serie degli Apostoli, opere entrambe dei primi dell'800,a cui si sono aggiunti, nel 1898, altri affreschi, ispirati ad episodi biblici, eseguiti da Rocco Ferrari da Montalto Uffugo. L'Organo Costruito nel 700 e restaurato nel 1990, per iniziativa della Pro Loco, "splendido esempio di decorativismo barocco, l'organo della Chiesa di S. Benedetto si inserisce a pieno titolo fra le testimonianze più significative dell'arte organaria esistente nelle chiese calabresi, e la ricchezza delle ornamentazioni ad intaglio, gli angeli musicanti, i festoni fioriti che lo caratterizzano rappresentano degnamente la più raffinata affermazione della cultura napoletana documentata nella regione". (F.Samà, 'Capolavori di arte organaria restaurati in Calabria'). Aneddotica Da 'Il popolo di Calabria'(1896) di Giovanni De Giacomo: "A Cetraro, il presepe è un avvenimento di grande importanza; e molti anni dietro occupava quasi una quarta parte della chiesa, e vi era un numero stragrande di fantocci alti come un bambino di due anni. E mi dicono: "Che bellezza 15 o 20 anni dietro! Figuratevi: nel presepe vi erano 5 mandrie di pecore e buoi, un fiume, vi era un macello, una bettola con 3 o 4 ubriachi, vi era anche una bella gatta sui tetti di una palazzina, dai cui balconi erano affacciati signori e signore. E poi, vi era una cavalleria, che era una delizia a guardarla!.. Ora - vedete dove siamo arrivati!- ora manca anche la vecchia cui dolgono i denti... ".

Chiesa del Ritiro

La Chiesa del Ritiro (S. Maria delle Grazie) - detta anche di S.Francesco perché, come conferisce Wadding, è stata fondata nel 1454 dai Minori osservanti. Nell'agosto del 1534, durante l'attacco turco contro Cetraro, effettuato con "octomila persune con archibusci et archi ad grezze", la chiesa di S.Francesco (ossia la chiesa di S.Maria delle Grazie) unitamente ad altre chiese, venne bruciata e le figure e le immagini subirono "profani officii in vilipendio". Nella seconda metà del settecento, il convento e la chiesa si trovavano in condizioni precarie, vuoi perché posti in una zona franosa, vuoi perché vetusti i frati furono costretti ad abbandonare il convento. All'inizio dell'Ottocento, dopo i lavori di restauro fatti eseguire da don Vito Occhiuzzi, la chiesa prese un nuovo nome il Ritiro. Dal 1912 il Ritiro è sede dell'istituto delle suore di S.Giovanni Battista. La chiesa è in stile rinascimentale, pala marmorea della stessa epoca, portale gotico; all'interno sono diversi gli elementi del tardo barocco; il campanile a vela originario è stato abbattuto nel 1959. Attiguo alla chiesa è il medioevale convento che ha subito ampliamenti e trasformazioni radicali al punto da coprire la parte frontale della chiesa. All'interno la chiesa presenta un sarcofago che custodisce i resti di Suor Crocifissa Militerni (1875-1925), morta in odore di santità.

Chiesa di San Zaccaria

La prima qualità che desta la nostra attenzione, della chiesa di San Zaccaria, è proprio il suo nome: così poco comune, da non trovare riscontro in altre chiese del circondario; se si fa eccezione per una chiesa omonima che sorgeva, nel secolo XI, nella valle del Mercurio, zona prediletta del monachesimo basiliano (Pratesi). Una riflessione sul nome della chiesa potrebbe, quindi, già da sola, offrirci uno spunto ragionevole per evocare i motivi della sua nascita. San Zaccaria, nome che giunge tanto ignoto alla gente comune da sentirlo storpiato spesso in Santa Zaccaria, fu dunque uno dei non pochi pontefici giunti dalla terra di Calabria. Nacque egli, infatti, a Santa Severina; e fu Papa della Chiesa di Roma dal 741 al 752. Come buona parte dei Calabresi di quel tempo, egli era greco, di nome e di fatto; e la sua cultura bizantina, sottile e diplomatica, gli fu di grande aiuto nel corso del suo pontificato; riuscendo sempre a prevalere, con la sola risorsa dell'eloquenza, sulle velleità espansionistiche del rè longobardo Liutprando.Ma Zaccaria passò agli onori della storia anche per altre vicende che a noi più importano: egli era monaco dell'Ordine di San Benedetto; ed all'Ordine Cassinese dedicò, anche da Papa, le più sollecite attenzioni. "Diede larghi aiuti al monastero, finendo col restituirgli il Codice autografo della Regola e riconoscerne così la dignità di Capitale monastica. A lui anzi si è fatta risalire la più antica amplissima concessione di privilegi e a lui fu attribuita la consacrazione della basilica cassinese, insieme con la prima invenzione dei sacri corpi"; questo dice di lui Tommaso Leccisotti, autorevole storico della Badìa Cassinese. Ecco proporsi, quindi, un evidente nesso logico tra la presenza a Cetraro dei Cassinesi ed una chiesa, a pochi passi dalla loro Curia, intitolata singolarmente a San Zaccaria, il Pontefice calabrese tanto benemerito del loro ordine monastico. Potrebbe anche darsi, è beninteso, che la chiesa preesistesse alla venuta a Cetraro dei Cassinesi (1086); e che potesse essere, quindi, un'eredità del precedente monachesimo basiliano: in assenza di documentazione storica, rimane solo da formulare ipotesi. E l'ipotesi che s'affacciava prima, d'un omaggio devozionale nell'intitolare la chiesa ad un Papa calabrese che tanto s'era prodigato per il loro Ordine, non sembra da scartare. Il che spiegherebbe anche la vicinanza, strana altrimenti, della chiesa di San Zaccaria con quella di San Nicola; site entrambe sulla piazza medievale, a poco spazio l'una dal l'altra; essendo quella di San Nicola la più antica, forse, delle chiese plebane (De Leo); a cui si sarebbe aggiunta, dopo l'arrivo dei Cassinesi, l'altra di San Zaccaria, con una limitata funzione originaria di cappella di Corte. Che la chiesa di San Zaccaria abbia sempre avuto, d'altronde, una limitata funzione liturgica, essendo in ciò sopraffatta proprio dall'eccessiva vicinanza dell'altra, lo si desume anche dagli scarsi documenti che sono a nostra conoscenza. Dallo spoglio delle Rationes Decimarum, s'evince che nei primi decenni del '300 il clero secolare di Cetraro era composto da un arciprete, un cappellano della Corte, 11 preti, 4 diaconi ed un numero imprecisato di chierici in minoribus; a tutti soprastava il priore, monaco cassinese, che governava anche i frati del suo ordine con lui mandati a Cetraro, ed esercitava potere spirituale e temporale nel castello (De Leo). L'arciprete aveva stanza nella chiesa di San Nicola, dove si riuniva anche il capitolo; la chiesa di San Pietro aveva mansioni di rettorìa curata; quella di San Benedetto di cappellanìa curata; mentre la chiesa di San Zaccaria viene citata come "rettorìa e cappellanìa... cui è devoluta temporaneamente la cura d'anime". Sennonché, avendo nel 1829 d. Vito Occhiuzzi ordinato un Altare dell'Immacolata nella chiesa matrice di San Benedetto, ed ivi trasferito tutto l'operato dell'omonima congregazione, la chiesa riprese di fatto il titolo originario di San Zaccaria; che porta ancora, come testimonianza d'un passato millenario.

Santuario di Monte Serra

Il Santuario del Monte Serra di Cetraro, conosciuto anche con la denominazione di Santuario di Santa Maria di Monte Serra, venne edificato nel XIX secolo, per volontà di un credente della zona miracolosamente guarito per intercessione della Madonna, sulla sommità del Monte Serra; vetta che sovrasta l'abitato di Cetraro, di cui è parte territoriale integrante. Inizialmente la chiesa venne dedicata alla Madonna della Neve, successivamente per devozione popolare è stata intitolata alla Vergine Maria del Monte Serra. La prima struttura edificata, era costituita da un'aula singola ad ingresso unico con finestrone centrale e campanile a pianta quadrata; successivamente, nella metà del XX secolo, l'edificio è stato ampliato, anche grazie agli aiuto di emigrati devoti alla chiesa, delle comunità di Buenos Aires, New York ed Elizabeth, oltre a quella dei cetraresi del luogo. Al suo interno si venera la statua della Vergine del Monte Serra, con in braccio il Bambino. La chiesa venne dichiarata santuario diocesano, il 16 luglio 1988, da monsignor Augusto Lauro. La festa del Santuario del Monte Serra di Cetraro, si celebra il 5 agosto di ogni anno.

Cosa vedere

Porto di Cetraro

Il porto di Cetraro è costituito da un molo di sopraflutto a due bracci, che si estende per sud-est, lungo circa 450 m; a circa 160 m dalla testata si diparte il molo Martello lungo 160 m orientato pernord-est che con il molo si sottoflutto di 240 m delimita l'imboccatura. Lo specchio acqueo interno è diviso in due dal pontile principale: la riva è banchinata. All'interno, a dritta entrando, si trova una darsena delimitata dal Pontile Principale e da due pontili secondari. Da luglio 2009 nel porto è stata aperta la darsena turistica con i pontili galleggianti muniti di servizi di acqua ed elettricità. La darsena può ospitare fino a circa 500 posti barca e sono presenti servizi igienici e docce. I Servizi
• Rifornimento carburante
• Accesso e assistenza h 24
• Erogazione di energia elettrica e acqua potabile a tutti i pontili
• Ascolto radio VHF ch 10 per accoglienza in darsena
• Assistenza all'ormeggio mediante ormeggiatori in banchina
• Scivolo
• Scalo di alaggio
• Gru mobile fino a 20 t
• Servizi igienici e docce
• Servizio antincendio
• Servizio meteo
• Riparazione motori
• Riparazioni elettriche
• Guardianaggio
• Parcheggio auto
• Smaltimento acque nere e di sentina, olii esausti

Il Museo dei Brettii e del Mare

Il Museo dei Brettii e del Mare, è un interessante museo, sito nella splendida location di Palazzo Del Trono, nel centro storico di Cetraro, con ingresso posto su piazza del Popolo, una delle piazze più belle del borgo cetrarese. Il Museo si suddivide in due sezioni principali, quella archeologica e quella cartografica, oltre ad un interessantissima biblioteca, ricca di preziosissimi volumi storici. Inoltre il Museo è dotato di una sala convegni e di un piccolo angolo shop, per l'acquisto di libri sulla storia e sulle tradizioni della Calabria. Il Museo è gestito dalla Cooperativa Caster, con l'ausilio di esperti guide per le visite guidate.

Sezione Archeologica del Museo di Cetraro

La Sezione Archeologica è allestita in due aree espositive: quella del Museo dei Brettii e quella del Museo del Mare. La prima ospita reperti provenienti dalle aree interne del medio-tirreno cosentino,individua la fase storico-insediativa e delinea la cultura materiale delle popolazioni Brettie (IV – III secolo a.C.). Con numerosi reperti del periodo Brettio rinvenuti a Cetraro, Acquappesa, Belvedere Marittimo e territori limitrofi. Si tratta prevalentemente di corredi funerari, con vasellame di vario genere, piccole statuette in bronzo, monete di conio greco, un interessante cinturone in bronzo e oggetti di uso quotidiano, in cui è evidente lo scambio commerciale e culturale, che le popolazioni brettie intrattenevano con quelle greche della regione. La seconda espone numerose anfore romane ed alcune anfore medioevali, rinvenute nei fondali del tirreno cosentino e testimonia la frequentazione dei nostri mari, allora rotte commerciali, di antiche imbarcazioni da trasporto e riferisce dei traffici marittimi compiuti all'epoca. Completano l'esposizione alcuni modellini in scala di navi antiche. Sezione Storica del Museo di Cetraro

Sezione Storica del Museo di Cetraro

La Sezione Storica, comprende il Museo Cartografico, che è un vero e proprio gioiello della cartografica calabrese e dell'Italia meridionale in genere, con l'esposizione di un'ingente collezione di carte geografiche, che abbracciano un ampio periodo storico che va dal 1400 al periodo post-unitario, depositarie delle trasformazioni subite dal territorio italiano in particolar modo da quello calabrese. Tra le tante mappe presenti, spicca l'esposizione della famosa Carta Sismica realizzata da Padre Eliseo della Concezione, in seguito al sisma del 1783, che colpì prevalentemente l'area della Calabria Ultra. Con dettagli minuziosi della geografia del tempo e soprattutto con una dettagliata catalogazione dei danni che il terremoto fece registrare ai centri abitati. Una sorta di Preistorica Scala Mercalli, con la registrazione degli effetti del sisma sui centri abitati, suddivisa in tre gradi di effetti distruttivi, che vanno dal grado uno, centro colpito dal sisma al grado tre, centro gravemente colpito o raso al suolo. La collezione è frutto della donazione del prof. Raffaello Losardo al museo.

Biblioteca Civica del Museo di Cetraro

Parte integrante del Museo è la Biblioteca Civica di Cetraro, ricca di oltre 10.000 volumi di ogni genere, con tomi antichissimi risalenti al XV secolo d.C., donati al centro dalle collezioni private delle famiglie cetraresi, come il fondo Lanza e dai Padri Pallottini. La biblioteca è inoltre dotata di un ottimo mobilio realizzato in parte da artisti locali, che armonizza l'ambiente rendendo suggestivo l'approccio con le tematiche, e catapultando il visitatore o il consultatore, in un luogo di saggezza ed armonioso silenzio.

Plastici del Museo di Cetraro

Completano il ricco Museo Cetrarese, la Serie dei Plastici. Fedeli riproduzioni in scala delle principali architetture religiose e civili di Cetraro, realizzate da A.E. Leporini:
• La Chiesa di San Benedetto;
• Il Palazzo del Vicario e la Chiesa di San Nicola;
• Santa Maria delle Grazie e Convento delle Suore Battistine.
Informazioni ed Orari di Apertura del Museo di Cetraro
Il Museo è sito nel centro storico di Cetraro, con sede a Palazzo Del Trono, in piazza del Popolo;
è' aperto dal lunedì al venerdì dalle ore 10,00 alle 13,00 e dalle 16,30 alle ore 20,30
l'accesso ha un costo di € 3,00 compresa la visita guidata nelle varie sezioni che compongono il museo
info: (+39) 0982.972751 e museo@comune.cetraro.cs.itQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">








Informazioni Utili

Ospedale Civile "G.Iannelli" Cetraro, Loc. Testa
Centralino tel. 0982/9771
Emergenza Sanitaria tel. 118
Guardia Medica tel. 0982/91073
CUP tel. 0982/970591
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Ciuffi Dott.ssa Francesca Piazza Del Popolo,1 Tel. 0982/91018
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